Cosini sta a Svevo come lo
stesso Svevo sta a Schmitz e, tutti insieme, hanno un’unica
coscienza: quella di Zeno.
Ho rivisto La Coscienza di Zeno in sceneggiato, la produzione con Johnny Dorelli degli anni ottanta, e penso che sia a tutt’oggi una buona
interpretazione del personaggio; una matrioska che racchiude sia Svevo che Zeno che Cosini.
Dalla Coscienza di Zeno nasce l’espressione del singolo ma, dai mali
della mente, nasce il morire da sani; solo quando s’è
vissuti sempre nell’idea della malattia.
E’così semplice raccontare d’essere
sani ma sentendosi malati per infine morire di suggestioni: mia nonna, di cui non
conservo quasi nessuna memoria, lo diceva sempre ai suoi figli, alle sue nuore
e se fosse vissuta abbastanza, l’avrebbe detto anche a noi.
Lei è vissuta da sana tutta la
vita, pur essendo malata; ha sofferto la fame durante la guerra mondiale ed è
arrivata a pesare molto meno di me.
Alla fine della guerra le si è
presentato, fra gli altri mali, il diabete ed ha terminato il lavoro del
logorio d’una vita e l’ha finita in fretta.
Per parecchi anni ho vissuto come lei ma, oggi sono più Zeno
che mia nonna, e mi lascio andare un po’ o forse è il mio corpo che si lascia
andare.
Ecco, parlo d’una diade, una
scorporazione corpo-mente come succedeva a Zeno
con la sua coscienza, esattamente quando le parlava e nè riceveva tutte le
alterazioni che subiva ma come malattie psicosomatiche: uguale sofferenza ma
nessuna origine organica.
Adesso mi sento un po’ la
coscienza di me che è uscita dal suo involucro, si guarda attorno, si cura con
dovizia, si culla ma non riesce a spiegare a se stessa che le cure possono giungere alla meta per
cancellare le sofferenze solo quando s’impara a curare la mente.
Ecco come restare orfani di se
stessi; morire da vivi; sentirsi orfani con la madre viva.
Succede quando cresci da sola,
non materialmente ma affettivamente; succede che poi le parti che ti compongono
non si riconoscono, si scorporano l’una dall’altra, difficilmente si comprende che
l’unità è un affare unico.
Zeno, ad un certo punto riesce; allontana da sé tutti i fattori
coercitivi, quelli che lo costringevano
a vivere nel reale: la moglie, i figli, le cognate, Ada e suo marito, l’amante,
l’amico e il tutore.
Tutti via per ritrovarsi e non farsi più promesse che non poteva
mantenere; così il suo fumo è divenuto senza scadenza, la sua gamba
zoppicante senza controllo, le fonti di preoccupazioni solo appunti presi
senza ordine di consegne ... quelle che non avrebbe mai eseguito.
Il Dottor S. fugge in Svizzera per via della guerra: la libertà morale
slegata dal giudizio dell’obiettività.
Sono alla ricerca del mio Dottor S. - per poi lasciarlo è chiaro - e credo che di strada io debba farne ancora molta per arrivare alla Coscienza mia: adesso che mi scrivo ho “turbamenti”
e “disturbi” , è panico, attacchi di panico!
Imparerò a gestirmi come il buon Zeno
è riuscito con sé?
Al momento non punterei su questa
corsa … ma, solo al momento.
Riguardo adesso le foto della
bella Trieste … la mia coscienza sarà rimasta li? Credo di si!... li ho inviato una
seconda cartolina che è stata una conferma della prima: li ho sbagliato!
Ho abbandonato la mia coscienza insieme a
quella di Zeno ed insieme adesso
bevono una birra, aspettando il domani.