Di fronte al mare bigio e
accigliato di una pasquetta da primo aprile. Non ho preso pesci d’Aprile ma
solo onde e fragili schizzi sul mio semplice foglio. La matita è spuntata, come
sempre, e la confusione attorno di passanti, di curiosi, di famiglia, si aggira
alla ricerca di risposte o affermazione quando io cerco la luce sui miei
pensieri ribelli. Adopero gli schizzi conoscitivi per fotografare il mio cervello
e, per una attenta alla fotografia, questi scarabocchi diventano anche una chiave
di lettura. Recupero, o provo a recuperare, una abilità persa come adesso sto provando a
recuperare la mia infanzia, i rapporti sociali alterati, il rispetto per il mio
corpo e l’accettazione per il mio tempo cronologico. Non sempre ci riesco e, la
maggior parte delle volte, urto qualcuno, infrango tabù, vengo perseguita e
giudicata, allontanata, ed io soffro per questa apologia della mia vita ma
continuo a correre a mio modo. Corro con una gamba dolorante, forse una
pubalgia, e così procede il resto della mia vita, zoppicando su di una gamba che mi impedisce di salire le scale necessarie per giungere nel mio
appartamento.
Adesso arrivo agli schizzi:
seduta di fronte al mare immagino, fra segni e croci, un verme che divora una
foglia. Uno stereotipo del sistema che magari avevo dentro non riuscendo ad
identificarmi con la foglia o con il verme: sono mangiata o mangio? La voracità
in questo frangente è solo il segno del mio deperimento interiore con qualcosa
che manca e con altro che difficilmente si aggiunge alla mancanza. Quindi
certamente divorata ma nella vita Io divoro: il mio preminente impegno è per il
cibo e la sua strutturazione oraria e calorica durante il giorno e, spesso, non
guadagno il sacrificio. Il peso s’allarga o restringe a suo piacimento e senza
stabilità e mangio spesso molto più di quello che il mio corpo mi dice di fare.
Sono verme e foglia insieme e non so bene chi finirà prima l’azione dei due.
Aspetto.
La "rotazione del mio bambino": non
lo è più bambino e mi accorgo di questo in tante cose; più alto, ragionamento
strutturato in modo diverso, altri interessi, alla ricerca della socialità
anche se pur virtuale – povera stella non so che cosa l’aspetta – cambio netto
di strutturazione fisica. Oggi si agitava per un granchio che si arrampicava
sugli scogli ed io ho voluto emulare la sua rotazione: Non ha esatte le proporzioni
ne i gesti e ancor meno la distribuzione corporea ma ho sentito e colto una sua
rotazione e l’ho voluta fermare. Una estroflessione verso il mondo che
naturalmente sta facendo e che io posso solo cogliere, registrare e non
fermare. Si chiama vivere.
Uno scarabocchio senza senso; ho
iniziato da questo nulla ed è rimasto tale. Probabilmente è l’inizio e la
connessione del mio Io esterno con il mio subcosciente e, in questo passaggio,
la confusione e la fuligine mentale offusca le strade e nega le motivazioni
oltre che le forme riconducibili a qualcosa. Li c’è la confusione che connette
ed ha valore solo per quello, come fare una telefonata al proprio mondo
interiore senza prendere immediatamente la linea. Vale comunque il tentativo.
Adesso devo telefonare agli amici che mi hanno augurato qualcosa in questi
giorni, non so esattamente cosa, ma mi hanno cercata è già un merito. Vado!