lunedì 1 aprile 2013

Contorno 163


Di fronte al mare bigio e accigliato di una pasquetta da primo aprile. Non ho preso pesci d’Aprile ma solo onde e fragili schizzi sul mio semplice foglio. La matita è spuntata, come sempre, e la confusione attorno di passanti, di curiosi, di famiglia, si aggira alla ricerca di risposte o affermazione quando io cerco la luce sui miei pensieri ribelli. Adopero gli schizzi conoscitivi per fotografare il mio cervello e, per una attenta alla fotografia, questi scarabocchi diventano anche una chiave di lettura. Recupero, o provo a recuperare, una abilità persa come adesso sto provando a recuperare la mia infanzia, i rapporti sociali alterati, il rispetto per il mio corpo e l’accettazione per il mio tempo cronologico. Non sempre ci riesco e, la maggior parte delle volte, urto qualcuno, infrango tabù, vengo perseguita e giudicata, allontanata, ed io soffro per questa apologia della mia vita ma continuo a correre a mio modo. Corro con una gamba dolorante, forse una pubalgia, e così procede il resto della mia vita, zoppicando su di una gamba che mi  impedisce di salire le scale necessarie per giungere nel mio appartamento.

Adesso arrivo agli schizzi: seduta di fronte al mare immagino, fra segni e croci, un verme che divora una foglia. Uno stereotipo del sistema che magari avevo dentro non riuscendo ad identificarmi con la foglia o con il verme: sono mangiata o mangio? La voracità in questo frangente è solo il segno del mio deperimento interiore con qualcosa che manca e con altro che difficilmente si aggiunge alla mancanza. Quindi certamente divorata ma nella vita Io divoro: il mio preminente impegno è per il cibo e la sua strutturazione oraria e calorica durante il giorno e, spesso, non guadagno il sacrificio. Il peso s’allarga o restringe a suo piacimento e senza stabilità e mangio spesso molto più di quello che il mio corpo mi dice di fare. Sono verme e foglia insieme e non so bene chi finirà prima l’azione dei due. Aspetto.


La "rotazione del mio bambino": non lo è più bambino e mi accorgo di questo in tante cose; più alto, ragionamento strutturato in modo diverso, altri interessi, alla ricerca della socialità anche se pur virtuale – povera stella non so che cosa l’aspetta – cambio netto di strutturazione fisica. Oggi si agitava per un granchio che si arrampicava sugli scogli ed io ho voluto emulare la sua rotazione: Non ha esatte le proporzioni ne i gesti e ancor meno la distribuzione corporea ma ho sentito e colto una sua rotazione e l’ho voluta fermare. Una estroflessione verso il mondo che naturalmente sta facendo e che io posso solo cogliere, registrare e non fermare. Si chiama vivere.


Uno scarabocchio senza senso; ho iniziato da questo nulla ed è rimasto tale. Probabilmente è l’inizio e la connessione del mio Io esterno con il mio subcosciente e, in questo passaggio, la confusione e la fuligine mentale offusca le strade e nega le motivazioni oltre che le forme riconducibili a qualcosa. Li c’è la confusione che connette ed ha valore solo per quello, come fare una telefonata al proprio mondo interiore senza prendere immediatamente la linea. Vale comunque il tentativo. Adesso devo telefonare agli amici che mi hanno augurato qualcosa in questi giorni, non so esattamente cosa, ma mi hanno cercata è già un merito. Vado!

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