domenica 10 aprile 2011

FRUTTA 32 – Politica, saggistica e dintorni:scazzi seri per gente ignara!

La Gisella del Guareschi “galvanizzava la massa” … senza mezze misure, senza i limiti imposti dalla comune dell’epoca, della nostra … quali limiti? E per chi?

Le limitazioni al femminile sono note, lo erano e ancora oggi resistono a muri abbattuti, a schemi frantumati … ci sono per una precisa ragione ben esplicitata proprio nel capitolo del Guareschi che ho riletto: la donna è famiglia nel senso peggiore del termine, viene condannata dalla società alla risoluzione d’un nucleo su cui fondare l’intero sistema societario.

La condizione anni cinquanta è lontana e il dinamismo familiare e i necessari adeguamenti hanno introdotto una mutevolezza nei ruoli, una elasticità contigua con ruoli intercambiabili in successione … il pregiudizio resta, spietato ed equivoco.

Adesso ascolto summertime di Ella e vedo dal mio occhio privato, la finestra della mia cucina, una donna che sembra in corsa; ha tralasciato il suo aspetto, sembra aver fermato la sua corsa in attimi senza disegni … sembra aver dimenticato di respirare e il suo fiato venduto, comprato, sbattuto come fosse roba da cestinare.

Del meraviglioso mondo disposto è rimasto un marito che da il minio – come nel libro di Guareschi – per costringere la Gisella in casa e poi donne che faticano in meccanismi che comunque non saranno mai propri … una ragione da dare per definizione o per scelta e di questa scelta poi divenire un solo cruccio.

E’ talmente limitante scrivere ciò da volermi disporre al cancellare il tutto … ma, ne io spettatrice ne la donna che ho di fronte, potremmo avere una rivalsa degli attimi posti per questa società, per la catena che formiamo, per la costruzione d’una identità fallita, giocata, derisa, insultata da chi la comanda.

Anche la costituzione è al femminile e tutte, noi tutte, affogate in un sistema senza equità.





sabato 9 aprile 2011

Neo - yttologia 51

Dove mi trovo? E’ un’ossessione quella di chiedermi tutto il tempo dove mi trovo. Non ho mai avuto il senso dell’orientamento, e poi la domanda aveva un senso altrove ma qui, chi potrebbe dirmi il nome di questo luogo devastato, questo luogo che non assomiglia a nessun altro posto, il luogo del nulla forse, in fondo al deserto, la fine della città …

Gli occhi che mi tradiscono. Vedo, non vedo. Quello che vedo non esiste più.

Tratto da Jenin, un campo palestinese di Tahar Ben Jelloun



mercoledì 6 aprile 2011

Neo - yttologia 50

Della sua amarezza non ha colpa l’assenzio.

Della tua improvvisa morte non ha colpa il pane mezzo mangiato.

Nulla di più estraneo agli assassini dell’astratto.

Più penoso, questo, per loro, non della speranza, ma della certezza.

Vladjmir Holan



martedì 5 aprile 2011

Neo - yttologia 49

“Nella vita c’è di peggio che trovare tua moglie e tua figlia morti. Per esempio vedere il mondo che li uccide. Tua moglie che invecchia e si stanca di te. I tuoi figli che fanno la conoscenza di tutto ciò da cui hai cercato di proteggerli. Droghe, divorzio, conformismo, malattie. Tutti quei bei libri, la musica, la televisione. Gli svaghi. Alla gente che perde un figlio viene da dire: bravi date la colpa a voi stessi. Uccidere una persona a cui si vuol bene non è la cosa peggiore che le si può fare. Il più delle volte preferiamo aspettare che sia il mondo a farlo. E intanto leggiamo il giornale.

La musica e le risate ti divorano i pensieri. Il rumore li cancella. Qualsiasi suono è una distrazione. La colla ti fa venire il mal di testa.

Oggigiorno, nessuno è più padrone della sua mente. Non puoi concentrarti. Non puoi pensare. C’è sempre qualche rumore che s’intromette. Cantanti che strillano. Gente morta che ride. Attori che piangono. emozioni in piccole dosi.

C’è sempre qualcuno che infesta l’aria col suo stato d’animo.”

Tratto da Ninna nanna di Chuck Palahniuk





lunedì 4 aprile 2011

FRUTTA 31 – Politica, saggistica e dintorni: scazzi seri per gente ignara!

Ora sono pronto” diceva Ugo Pagliai alla bella Carla Gravina nello sceneggiato televisivo “Il segno del comando” … stregato da una strega, pronto a perdersi e a accettare tutti i limiti che lo spirito, non meglio identificato, gli proponeva… magari il nostro premier avrà toccato lo stesso amuleto, s’è ritenuto pronto a perdersi in rotta con la vita passata e dissoluta, in assenza di gravita o sottovuoto spinto … a forza naturalmente.

A sentir lui, sembra dalla magistratura cattiva, affascinato dalle perfette rotondità della Ruby straconosciuta … ed intanto il sei è alle porte, lui si rimangia ancora una volta ciò che ha affermato nelle sue campagne a diffusione telematica, oltre che con altri mezzi che possiede e conosce, e la favola deve cominciare ancora una volta dalla fine … “ e lui non venne …”.

Raccontare una storia nota non è interessante, tutti conoscono già i particolari e i miei ricami sono robetta da parrucchiere, cose minute d’un pomeriggio al parco … eppure dirle non credo sia tempo perso, sottolineare la linea del nulla, il confine che questi disegnano per cancellarlo subito dopo, la linea d’ombra che non è quella di Conrad è importante … ci mostra come, pian piano, hanno spinto i nostri limiti, varcato le nostre menti, abusato della buona fede, vestiti, spogliati e rivestiti degli abiti lucidi d’un imperatore nudo ma che si mostra vestito di taglio buono.

Pagliai diceva “Ora sono pronto” pure ad andare all’inferno … Lui, sovente, manda gli altri all'inferno e poi si riveste di chiarore … non mi sono ancora rassegnata ad essere una nuova volta gabbana, non riesco anche se questo mi costa molta solitudine … ben venga ... e chi ha bisogno di sentirsi dire d’aver sempre ragione per circostanza? … meglio una pausa di sana e lunga riflessione … in un silenzio che sa di cotta di maglia, stringe un po’ ma, alla fine, calza come un guanto.



sabato 2 aprile 2011

FRUTTA 30 – Politica, saggistica e dintorni: scazzi seri per gente ignara!


Pochi piaceri coinvolgono gli animi: tolti quelli carnali e immediati, ottenuti da una rapida soddisfazione della psiche, restano quelli immateriali e autenticamente trasposti alle necessità tipiche di chi le ricerca.

In questo sabato di pausa mi sono concessa di più, niente coccole da estetica o parrucchiere ma vi ho rinunciato volentieri, solo una sana riscoperta delle mie necessarie e intime priorità.

Le letture, leggere, capire, sognare: se da questo si muove il mio interesse e per tanto sono giunta ad alcune mete telematiche per me insperate, era davvero il caso di rispolverare delle nuove competenze, aprire nuovi argini, conoscere altri autori letterari che saranno il mio pane del domani.

Non vivo di lettura, diciamo che sopravvivo … una specie di Emma Bovary degli anni 2011 … e così, armata d’infinita volontà, ultimati gli ultimi accenni al lavoro che mi sta regalando una nuova dimensione, mi sono approcciata al libraio con i fondi procacciati nelle lontane feste natalizie e ... ho fatto man bassa.

Mi sento felice e parlo adesso molte più lingue di quelle che non conoscevo prima d’avviarmi nel mio proficuo pomeriggio.

Jelloun, Zivkovic, Palahniuk, Borges, De Filippo, Petit, Cechov, Brancati, Bellow… come al tempo delle mie recensioni impossibili e chissà che non ricominci ma con una veste nuova, una nuova maturità, qualche idea nuova in più.

Per il momento ho messo un nuovo punto e come di consuetudine vado a capo … devo riprendere un po’ di ritmi su me stessa ma è meglio cominciare dall’alto, dalla percezione del mondo emotivo e letterario e il resto pian piano rientrerà nei propri canoni e io spero di rientrare nei jeans ... ma quello penso dipenda da me.

Palahniuk sarà il primo … sembra il più spietato e vedremo cosa saprà fare … la torta caprese è già nel forno – questo non giova ai jeans – ma un po’ di dolcezza, mista a parole con un loro peso,  può certamente far da ago al mio sabato sera.

Ora di riprendere il passo.



Neo - yttologia 48

“Solo gli occhi erano aperti

Su questo viso lacerato dalla giumenta delle pianure

Il corpo aveva preso fuoco

Nel momento in cui un bambino si aggrappò al tralcio di vite

Per non lasciare la terra

Solo gli occhi erano aperti

Nel crepuscolo delle sabbie

E la mano carbonizzata restava sospesa

Tesa verso l’ingresso del cielo come per salutare un amico

Nel momento in cui il cavaliere allontanava con un gesto il temporale

Lasciando le pagine del manoscritto per l’assenza e la morte

Nel deserto di questo popolo votato alla frammentazione

Il cavaliere se ne andò nelle dune a nascondere il suo corpo e le lacrime.

L’uccello di passaggio disse: “Gli uomini non sanno più morire di beatitudine”.

Le parole caddero dall’alto dei minareti in brandelli di carne.

La parola mescolata alla pietra soffiava sulle mosche venute a morire nella brace di questo viso.

Tahar Ben Jelloun