lunedì 9 agosto 2010

Neo-yttologia 11

“Ma un’infanzia infelice irlandese è peggio di una infanzia infelice qualunque, e un’infanzia infelice irlandese e cattolica è peggio ancora. Gente che si vanta o si lamenta delle tribolazioni patite nei primi anni di vita se ne trova dappertutto, ma niente regge il confronto con la versione irlandese: la povertà; il padre alcolizzato chiacchierone e buono a nulla; la madre pia e derelitta che geme accanto al fuoco; i preti boriosi; i maestri arroganti; gli inglesi e le cose tremende che ci hanno fatto per ottocento lunghi anni…
E poi, tutta quell’umidità.”
Tratto da Le ceneri di Angela di F. McCourt

venerdì 30 luglio 2010

Contorno 2

Pav-vap 2
Si muove.
Si muove la luce che filtra… luce notturna proveniente dalla strada, dalla pioggia che segna la strada, da quella percorsa e tortuosa idea.
Scroscio di pioggia e rumore di vita filtra da quell’apertura al mondo… musica di Battiato etnica e mai stanca recita d’una vita parallela ad un uomo che muore.
Tiene stretta la fredda ferita: il sangue svuota il corpo, lascia le vene, fa percorso all’umido nefasto che accoglierà ciò che rimarra d’una mente pensante… lucida, di fronte a sè.
E la luna che arriva a prestare il suo operato getta il bianco lume sull’antro buio… accanto a se un già freddo corpo… capelli lunghissimi e viso addormentato dentro uno scantinato e parole nessuna… non parlano i morti, non gemono più gli amanti scordati… lei è stata dimenticata accanto a lui e solo i suoi capelli parlano della sua presenza.
I quadrati ormai deformati dalle ombre lunghe della notte aprono un varco verso ricordi; pioggia quel giorno e un bambino con sua madre in un negozio di periferia.
Negoziante impaziente, commesso stanco, cassiera stufa… un po’ di freddo tradotto dalla camicia alla pelle e unghie laccate di tenero rosa anni sessanta sulle mani poco aggraziate della proprietaria.
Sua madre aveva mani lunghe e bianca dolcezza lunare… sua madre era una idea popolare, una missione d’una missionaria, bella da dar fastidio… le madri non devono essere belle, solo madri.
Un figlio non deve temere la bellezza della propria madre… un figlio non deve soffrire di gelosia: il proprietario porgeva con eleganza una stoffa ordinaria tanto da far sembrare un comune cotone come una seta, un pizzo… alla proprietaria annoiata ciò non dispiaceva; le sue unghie laccate meritavano più spazio.
La mamma era mia… luna adesso prova a contraddire il pensiero d’uno che urla con furore per l’ultima volta.
Luna, prova a ricordare come è cominciata fra mia madre e il venditore di falsa seta… era un comune cotone ma lei gli vide della seta dentro e forse non s’era sbagliata.

lunedì 26 luglio 2010

Frutta 2 – politica, saggistica e dintorni: scazzi seri per gente ignara!

COLLA PAZZA di Etgar Keret

Ritrovo qualcuno per cui scrivere: trovo un nuovo stile, una nuova formula… Keret, il sintetico israeliano, tagliente come la sua vicenda di nascita – figlio di sopravvissuti ai campi di sterminio – acuto come solo un alternativo punto di vista può dare.
Da un po’ non trovavo un Keret o forse non lo cercavo neanche più… brevi racconti, minuscole situazioni, corredo esperienziale notevole: ricama il suo scritto con l’ironia… il suo punto di vista non è mai universale.
Lascia spazio l’autore ad altro; fa filtrare i sentimenti in una stretta maglia d’acciaio ma ne conserva intatta l’autenticità.
Prova a dare opinioni che non portano mai il vessillo di autentiche espressioni non richieste… ama a suo modo e con intensità.
Keret è una scoperta… aspettiamo di leggere altro.
Buona lettura!!

Frutta 2 – politica, saggistica e dintorni: scazzi seri per gente ignara!

COLLA PAZZA di Etgar Keret

Ritrovo qualcuno per cui scrivere: trovo un nuovo stile, una nuova formula… Keret, il sintetico israeliano, tagliente come la sua vicenda di nascita – figlio di sopravvissuti ai campi di sterminio – acuto come solo un alternativo punto di vista può dare.
Da un po’ non trovavo un Keret o forse non lo cercavo neanche più… brevi racconti, minuscole situazioni, corredo esperienziale notevole: ricama il suo scritto con l’ironia… il suo punto di vista non è mai universale.
Lascia spazio l’autore ad altro; fa filtrare i sentimenti in una stretta maglia d’acciaio ma ne conserva intatta l’autenticità.
Prova a dare opinioni che non portano mai il vessillo di autentiche espressioni non richieste… ama a suo modo e con intensità.
Keret è una scoperta… aspettiamo di leggere altro.
Buona lettura!!

mercoledì 21 luglio 2010

Frutta 1 - politica, saggistica e dintorni: scazzi seri per gente ignara!

“…affrontare l’attento silenzio di Zainabi è un avvenimento. (…) La nostra equipe non fabbrica soluzioni su misura da infliggere alla cittadinanza. Il nostro lavoro consiste nell’ascoltare con attenzione quali bisogni essa esprime. L’ascolto incoraggia la diversità”
Karawan – dal deserto al web – Fatema Mernissi

Neo-yttologia 10

L’ uomo è stupido per natura: pensare a quarant’anni di essere fuori uso, affliggersi, rattristarsi; che cosa dovrebbe dire ora? Se qualcuno gli avesse mostrato allora, quando aveva quarant’anni, come sarebbe diventato adesso: eccolo, il fuori uso, nulla da dire in proposito, e non c’è nulla da verificare, è sufficiente guardarsi allo specchio…”
Tratto da L’affare della pelliccia di N. Smelev

domenica 18 luglio 2010

Contorno 1

Pav-vap 1

Tenda fluida e quadrettata, tenda che scorri su di un meccanismo inceppato.
Filtra la luce di tenera aurora: rossi e arancio s’inseguono senza tregua, trafiggono le tinte penetrandole senza pace… gioco di colori che frastagliano i neutri meccanismi della riflessa luce.
Si allungano ombre dalla quadraticità deforme che invadono, anellano e incatenano le insipienti categorie degli oggetti deposti malamente sul grave fardello d’una stanza in disuso.
Finestra-occhio che spia la luce che lenta va via e cede pian piano al richiamo della luna.
Del freddo cristallo che spacca il cuore agli innamorati, che volteggia nella allegra sfera dei senza mente e richiama a se i matti d’ogni tempo e d’ogni generazione… ombre che s’inseguono… fermatele o il meccanismo s’incepperà e per sempre.
S’avvicinano e s’allontanano gli echi di luce che si spengono lentamente, luce che consuma la sua cera, tascabile senza pila e il buio che affossa la mia mente.
Può una tenda divenire un saggio da trattazione?
Può una trattazione avvolgersi d’una velata creatura posta a riposo d’una luce intensa, indagatrice, d’una nudità del corpo e dell’anima che invade l’alterco fra i pensieri privati e un pubblico dominio?
Può la visione di un quadrato magico, di tenero spessore, sottrarre tensione all’uomo che si nasconde dentro?
Dentro, come un rottame, un uomo dimentica chi è stato poiché è più facile dimenticare che farsi attraversare… la mano a tenere una ferita che bagna lentamente, goccia a goccia un sangue che brilla di sinistro arbitrio… decisione irrevocabile come quella intrapresa sul quel palazzo venezia che la storia ci ha insegnato.

La stoffa per quella tenda è stata commissionata in un giorno di pioggia e le sue paure erano un ricordo talmente vivido che la camicia inzuppata la sentiva ancora aderente alla pelle, alla sua giovane pelle, del tutto simile a quella della madre… chiara, traslucida, iniettata d’un rosa antico… fresca come il talco e assolutamente priva di peli.
Quella stoffa conservava lo stesso odore: di pioggia, di camicia bagnata e della sua pelle… della pelle di sua madre.