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domenica 18 luglio 2010

Contorno 1

Pav-vap 1

Tenda fluida e quadrettata, tenda che scorri su di un meccanismo inceppato.
Filtra la luce di tenera aurora: rossi e arancio s’inseguono senza tregua, trafiggono le tinte penetrandole senza pace… gioco di colori che frastagliano i neutri meccanismi della riflessa luce.
Si allungano ombre dalla quadraticità deforme che invadono, anellano e incatenano le insipienti categorie degli oggetti deposti malamente sul grave fardello d’una stanza in disuso.
Finestra-occhio che spia la luce che lenta va via e cede pian piano al richiamo della luna.
Del freddo cristallo che spacca il cuore agli innamorati, che volteggia nella allegra sfera dei senza mente e richiama a se i matti d’ogni tempo e d’ogni generazione… ombre che s’inseguono… fermatele o il meccanismo s’incepperà e per sempre.
S’avvicinano e s’allontanano gli echi di luce che si spengono lentamente, luce che consuma la sua cera, tascabile senza pila e il buio che affossa la mia mente.
Può una tenda divenire un saggio da trattazione?
Può una trattazione avvolgersi d’una velata creatura posta a riposo d’una luce intensa, indagatrice, d’una nudità del corpo e dell’anima che invade l’alterco fra i pensieri privati e un pubblico dominio?
Può la visione di un quadrato magico, di tenero spessore, sottrarre tensione all’uomo che si nasconde dentro?
Dentro, come un rottame, un uomo dimentica chi è stato poiché è più facile dimenticare che farsi attraversare… la mano a tenere una ferita che bagna lentamente, goccia a goccia un sangue che brilla di sinistro arbitrio… decisione irrevocabile come quella intrapresa sul quel palazzo venezia che la storia ci ha insegnato.

La stoffa per quella tenda è stata commissionata in un giorno di pioggia e le sue paure erano un ricordo talmente vivido che la camicia inzuppata la sentiva ancora aderente alla pelle, alla sua giovane pelle, del tutto simile a quella della madre… chiara, traslucida, iniettata d’un rosa antico… fresca come il talco e assolutamente priva di peli.
Quella stoffa conservava lo stesso odore: di pioggia, di camicia bagnata e della sua pelle… della pelle di sua madre.