Sfrigolio addizionato ad un passo
dopo l’altro attraverso tacchi, vertiginose zeppe, runner tecniche di primo
impatto, sempre e comunque No More Blues.
Sfilare incompleto di avvolgenti
contenitori in nailon, lycra, filo di scozia con pizzo autoreggente o innocente
basso cotone sulla caviglia, sempre e
comunque No More Blues.
Rigonfiamenti verdi o blu e
pulsare sotto pelle di venosa vita in vene distorte da una life a “passeggio” su equilibri ormonali dispotici, sempre e
comunque No More Blues.
Arrossato e scomposto l’appoggio,
le dita, le unghie distorte dalla fatica, ridotta la pianta che si piega in scarpe
difformi ma l’arco è devoto, riflesso e incurvato, sempre e comunque No More Blues.
Falcate diverse per alterni
bisogni verso qualcosa che tarda a venire o è presto ad arrivare, slancia
svelta, salta, sgambetta allarga il passo se vai di fretta, sempre e comunque No More Blues.
Strappa, hai capito strappa! O
graffia di lametta che possa la gamba essere perfetta; lisciale, uomo, con
passione ma non troverai imperfezione, sempre e comunque No More Blues.
Percorrile tutte sfiorando e
morendo, conoscono la strada del tuo tormento, si trova in cima e non poco
lontano fra poco allontanerò la tua mano, sempre e comunque No More Blues.
Incrocia e distendi, solleva e
ripiega, non darmi ordini o incrocio l’attesa, vivo i miei attimi a ritmo
sicuro aspettami, se puoi, all’oscuro, sempre e comunque No more Blues.
No more Blues dentro una donna che vive e s’appoggia su fragili
arti: “Che gambe!” tu dici ma non darmi più il tuo Blues.
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