venerdì 15 novembre 2013

Neo - Yttologie 161

"La mia colpa, d'avergli dato troppo di me, senza valore, ho questa pena, oggi: che io sono una che non gli può parlare, una di cui riderebbe."
Stefano Pirandello, "L'innocenza di Coriolano"

giovedì 7 novembre 2013

Neo - Yttologie 160

"Come faccio a descriverti un sapore?"
Succedeva ieri mattina in un negozio di prodotti etnici con molti sapori e generi da scoprire. Una signora, poco formata ma molto curiosa, chiedeva con insistenza al commesso magrebino di descrivergli il sapore di un prodotto, nel tentativo forse di non spendere i pochi soldi in prodotti non di suo gusto. La sperimentazione costa, e non solo quella scientifica, e noi italiani non abbiamo ancora perso la voglia di sperimentare. 
Già, come si descrive un sapore? Sono così ancorati a quel che siamo, al come siamo cresciuti, al nostro retroterra esperienziale, che non è davvero possibile improvvisare una spiegazione; come quando da ragazzina ti descrivevano com'era un bacio o l'odore della nutella; ognuno ci metteva dentro tutto se stesso o, ancora di più, quando Willy Wonka descrive la categoria "parenti" e dentro fondeva il suo passato di ragazzino con mega apparecchio ai denti e il suo desiderio di caramelle. 
Ancor di più è difficile descrivere un sapore con le mille sfumature che prendono nell'anima o i mille ricordi legati a volti e situazioni vissute.
Mi piacciono molto i broccoli che, notoriamente, sono gli ortaggi più detestati per l'odore, la digestione, la difficile gestione insieme ad altre verdure, ma io li adoro: faccio puzzare la casa, tengo le finestre aperte anche in inverno, ma li cucino ugualmente: se dovessi descriverne il sapore mi fermerei, immobile al piacere che mi procura, al pensiero del suo fondersi con la ricotta fresca, e direi solo: "Sono come la domenica mattina di Pasqua, quando, dopo la messa, torni a casa e sai che ti aspetta un pranzo speciale e molta molta cioccolata" ma mi rendo conto che il sapore non è emerso e a nulla serve dire "Agro, dolce, forte, amaro" perché ci sono le vie di mezzo che non si possono descrivere. Ecco, l'uomo è una via di mezzo e il valore della sua vita è fermo al punto di non esserci sufficienti parole per descriverlo. La vita è vita e il suo sapore non è conoscibile.

venerdì 11 ottobre 2013

11 Ladette :)

I've started a oriental dance course because I sway my hips as a polar penguin!
Did you have walked as a polar penguin?
Of course, you did not tell me any word about this argument but you wouldn't  say to unknown as me nothing about this …ok, see you!

Neo - Yttologie 159

Per le vittime di Lampedusa: l'avevo scritta qualche anno fa e adesso è tornata carica di significati.


Jalii
Mare intorno e nuvole per coperchio… dal fondo piatto d’una barca oscillo dondolato come in un ventre di legno e le vibrazioni scuotono tremori e spasmi e un cielo immenso … sopra me…
Pesa l’aria, pesano le nuvole d’un grave e teso tempo… dei millenni che le hanno attraversate e che attraversano me… nel fondo piatto d’un ventre tremolante che procura spasmi…
Circondato da acqua non utile… fluido per pesci… ho le labbra gonfie e il mio ventre tremolante… gonfie e sanguinano … acqua per pesci, niente per gli uomini…spasmi nel ventre di barca… cielo fuori dimensioni e caldo… 
Galleggio senza meta… solo con le pustole per compagne e nel mio ventre solo spasmi… in quello della barca tremori e sciabordii non finalizzati…
Tocco terra… ci riuscirò… ho sonno adesso e m’addormento con il mio ventre vuoto, questo cielo grave che mi schiaccia e un sogno chiuso fra le pustole delle mie labbra…
Acqua per pesci… sognerò quella per gli uomini…
Uomini da fare fuori la barca… senza spasmi ne tremori… pustole chiuse in un sonno senza risveglio…


giovedì 10 ottobre 2013

Neo - Yttologie 158

"Yet if she had been an example, poor woman, she had been an awful one; she had been, she would have supposed, of more use as a deterrent than a hundred blameless mothers as incentives."
Edith Wharton  - Autres temps ...

lunedì 9 settembre 2013

Contorno 175

Ascoltami mare perché di parole si può morire,
ascoltami terra perché d'equilibrio si può cadere ... 
se resto sul davanzale della finestra e vi guardo entrambe posso trovarmi fra cielo e terra senza stripparmi di me ... se penso a voi due non posso pensare anche a me e rendermi finalmente utile.
Non dormo più da quanto mi penso e da quanto in considerazione ho solo me stessa, e gli altri, e adesso non vorrei più considerare nessuno, niente, neanche me. Qui a soffrire sono una campionessa, sempre e comunque perché di troppa analisi si muore; guardo fra cielo e terra con l'equilibrio difficile della vita e vedo chi prima mi risucchierà, intanto aspetto e vedo che succede. Succede che son venute fuori le rughe ... ora sono diventata persona anch'io!

domenica 11 agosto 2013

Contorno 174

Guardo lo spiraglio di luce crociata, quel piccolo e maledetto tondo che mi tiene in collegamento con il mondo; ormai un cordone di ferro.
Un po’ di luce biancastra suona come i bonghi a raccolta d’un popolo africano o magari tibetano … sono sotto pressione e, in questi momenti i popoli mi sembrano uguali, la gente mi sembra uguale e le differenze non passano da un buco sagomato da altri per la visione parziale di alcuni.
Occhi bassi e tocco veloce, il mio sguardo da furetto mi fa lanciare occhiate disperate verso quel buco, quel cannone di vita che il padrone ha chiuso.
Il sole, a quest’ora splende sempre il sole,  qualcuno cammina sulla mia testa talmente veloce da sentirne il ticchettio dei tacchi superare il rumore delle macchine veloci che tagliano e cuciono dalla mia parte del buco, quella di sotto, quella nascosta; aldilà del foro c’è la vita che non trovo di notte quando mi rimandano a dormire nel mio spazio.
Una volta sono nata e qualcuno l’ha saputo; quella volta lì qualcuno ha desiderato registrarmi su  documenti,  m’ha fatto delle foto così come si fanno ai neonati, lì erano tutti come me.
Adesso nel nuovo mondo “non ci sono”, non mi conoscono, la madre realtà mi tiene in vita attraverso quel buco e la stanza partorisce ogni sera tutte noi per restare ugualmente gravida la mattina successiva.
Sempre li, sotto i tacchi di qualcuno. I miei occhi guardano spesso il buco di libertà e quando il mio Essere scalcia nel mio ventre, su cui resto piegata per tutto il giorno,  penso che la mia creatura non nascerà in una terra dove tutti sono come lei, nessuno le farà foto per via del tempo, un registro non lo riconoscerà … siamo straniere, figlia che aspetto, qui nessuno scrive di te e di me.
Se nasci al Paese diventi conosciuta, qui solo alla maggiore età e per quel tempo avrò ormai finito di cucire milioni di camicie, varcato la stanza gravida per milioni di volte e attraversato il mondo per incontrare un registro che ti registrerà.
In quel tempo il buco si aprirà e non dovrò far passare la luce pensando che sia un pezzo di realtà:  sono solo le Parole di una Camiciaia alla sua Pancia.
Buio, aprono la porta e solco il mio angolo guida-riposo-casa … domani rincontrerò la luce sotto lo stesso profilo. Un buco, una serratura, una forma senza libertà.