Quando incontri Singer sul tuo
cammino si apre magicamente un mondo nuovo, pieno di paradossi magici e di
demoni e spiriti benevoli che a guardar bene puoi trovarti accanto. Poi succede
che per un certo numero di anni smarrisci la strada che ti ha condotto a Singer e
leggi tanto di tanti, pregevole ma poco yiddish, per nulla magia e altamente
rappresentativi del reale. All’improvviso prendi un aereo che ti porta a Parigi – come per
la prima volta – e Singer rientra nella tua vita e con più intensità di prima.
Una Corona di piume è una
raccolta di racconti che ho iniziato in volo, continuato nel mio ritorno e
ripreso a casa e lì ritrovo quel mondo magico che avevo perso. Demoni,
conversioni, corone di piume, penitenze, smarrimenti nel nulla e riferimenti
altamente letterari che oggi non si trovano più. Così stamattina il buon Singer
mi ha regalato L’uccellino azzurro di Maeterlinck,
portato in scena da Stanislavskij nel 1908 e ritrovato come versione filmica –
film muto – del 1918 dopo il precedente successo del 1910.
La
storiellina dell’uccellino azzurro mi sembrava una favola, di quelle novelle
che ti raccontano da bambina ma, in realtà, era una opera teatrale nota … e c’era
la ricerca della felicità, appunto dell’uccellino azzurro che dona la felicità
a chi lo trova.
Due
fratellini, una fata, una ricerca per fornire aiuto e un film muto … vorrei
proporvelo e farvi scoprire una recitazione espressivo-mimica che forniva i
quadri necessari per la comprensione senza l’uso delle parole.
Solo
attraverso il corpo o porzioni d’esso … la sperimentazione toglie il disinganno
e allenta la cintura della moralità imposta: mi sono sempre ingegnata nella
sperimentazione attiva e nella narrazione.
Quando
si narra si usa la bocca che racconta, s’inarca, risponde, da e prende vita …
fate conto che vi stia raccontando una storia, anche se la vedete già da voi, ma io
mi esercito nella narrazione che ne farò e osservo le mie pieghe espressive:
uso il metodo Stanislavskij.