mercoledì 13 aprile 2011

Contorno 3

She … lei affibbiata al suo tailleur stretto in vita color biscotto … lei che non è lei, in attesa salvifica d’un pomeriggio d'estate in bermuda, conta le supplici pieghe del suo corpo e le rende un mistero.

Lei che dice cazzo a facebook ma s’addentra in twitterlei è lei e, attenti lettori, quella lei non sono io … non peccate di vaghezza e presunzione che per quello c’è già il vostro narratore … lo giuro sulla gibson che ho accarezzato sabato sera e per tutto il desiderio che ho di perdermi fra bluesman disperati alla ricerca d’una donna da contagiare.

Lei non assomiglia ad un giro di blues, non sa nemmeno cos’è il blues: una donna che non conosce il blues non è degna d’una sottana di pizzo … di quel fragile e innocente pizzo che ti bacia la pelle e ti rende disponibile a dire di No e a non subire ricatti.

Lei biascica parole e stride sotto il peso delle stesse … lei porta le calze in agosto … lei non sa cos’è l’intimo fake ed è incredibilmente frigida.

Lei mi chiede se lo sono anch’io … lei vuole una confidenza che non merita … accenno un sorriso e abbasso lo sguardo … non le rispondo: ciò la fa montare in rabbia e in disperazione.

Lei non merita ciò che penso, lo annegherebbe in ettolitri di vino e lo racconterebbe ad un commesso viaggiatore con cui dovrà, da contratto, fare una scopata … lei non è me … lei vorrebbe esserlo ma non lo è.

Affoga le sue parole nei suoi sussurri pensando d’annoiare di meno e, talvolta, ci riesce … la sua voce crepita come un fuoco al mattino... in un mattino di montagna con il freddo che urla alle porte … brucia ossigeno e lo sottrae alla comunità.

Lei mi dice che lei è she e porta la esse nel collant … le accenno un sorriso e le dico sempre “... vuoi qualcosa?” … mi chiama per nulla … alimenta una nevrosi che non ha e se ne fa cruccio.

Lei odia il mio modo di parlare con i bambini … mi dice che sono materna … loro sono gravi, diversi, soli … lei è stronza e non so quale malattia sia la peggiore.

Lei è chiusa in una stanza e piange sul tailleur color biscotto … il rimmel lo ha già segnato … lei vuole parlarmi … she non mi dice nulla nemmeno stavolta … rimango ad osservare l’ultima lacrima che impatta sul colletto e lei macina qualcosa …. “… parlami come fai a loro” … non capisco cosa desideri … non voglio aiutarla, non mi va …. Mi giro per andarmene ed ancora riparte la richiesta … le sbatto in faccia solo un perché ... sua madre è morta e lei è tornata bambina … sua madre l’ha amata … adesso lei ha perso la sua esse in qualche collant … adesso è come gli altri … le leggo una storia banale, stupida, infantile … e lei si tranquillizza, le parlo come faccio a loro e le accarezzo la testa … mi chiede se anch’io soffrissi per qualcosa ed è innegabile che in quel momento, in quell’esatto momento, ero diventata sua madre.



martedì 12 aprile 2011

FRUTTA 33 – Politica, saggistica e dintorni: scazzi seri per gente ignara!

Fenomenologia del Renzi

Oltre un lungo e approfondito accento toscano, piacevole nel breve periodo ma alla lunga dal sapore d’olio d’oliva; oltre un aspetto belloccio e paffuto, di bonaria e innocente espressione … oltre ciò non trovo una collocazione reale per quest’uomo, per il suo profilo sociale e politico, per una dimensione da assegnargli.

D’accordo è all’opposizione … ma di quella soft, quasi bipartisan, lievemente acida ma con il sapore d’un coordinamento studentesco; mi ricorda un delegato universitario che organizzava occupazioni nella mia città motivando masse di studenti ma, durante i sitin, s’appartava con quella di turno e lasciava che le bastonate della polizia le prendessimo noi.

Non dico che Lui sia così.

Non potrei!! non conosco lo strapiombo in cui un uomo politico oggi potrebbe ancora precipitare … tutti hanno un costo e tutto in questo periodo lo mostra …. Il suo costo -  se c’è -  ancora non è noto.

L’interesse della figlia del Premier e l’ingresso ad Arcore mi turba … chi s’allunga da quelle parti è come capitare dalla maga Circe … dimentichi chi sei e puoi anche diventar un porco.

C’è poco da dire sul fenomeno e sulla sua dimostrazione …. Su Renzi ho quasi meno da dire: osservo la sua scia ma non mi sembra quella giusta ... quella dell’orientamento; eppure dobbiamo pure contarci perché la classe di sinistra è ormai vecchia e quella giovanile è un surrogato dell’uomo di plastica … solo per convenienza, chiaro, perché le idee le hanno perse per strada ....per il riscatto abbiamo il Renzi?

Che dire?

Le carte stavolta non sono capitate buone e a far tarocchi mi esce continuamente l’appeso … aspetto il fenomeno che si sviluppi e della sua evoluzione proverò ad assecondarne il mistero.

lunedì 11 aprile 2011

Neo - yttologia 53

Pensi a tutte le generazioni di uomini e donne che si sono riflesse in questo specchio” dice “l’hanno portato nelle loro case. Si sono guardati invecchiare. E poi sono morti. Intere generazioni di donne bellissime. Il guardaroba invece è ancora qui, e il suo valore non fa che aumentare. Un parassita che sopravvive agli organismi che lo ospitano. Un grosso predatore in cerca del suo prossimo pasto.” questo labirinto, dice, è popolato dai fantasmi di chi i mobili li ha posseduti. Persone ricche e di successo, che potevano permettersi di sfoggiarli. E tutte queste cianfrusaglie decorative sono sopravvissute al loro talento, alla loro intelligenza, alla loro bellezza. Del successo e delle conquiste che questi mobili dovevano rappresentare oggi non resta più nulla”

Tratto da Ninna Nanna di Chuck Palahniuk

Neo - yttologia 52

domenica 10 aprile 2011

Neo - yttologia 52

In questo improvviso mescolamento di gabbie per umani, di culle rotte, forche trascinate su ruote, e tappeti arrotolati come sacre Torah, in questa, come in quella stazione ferroviaria alla fine della guerra, improvvisa vicinanza di orologi che fanno cucù e di cimeli depredati dalle biblioteche di Varsavia, si svolge l’universale, mortale commedia umana.

Jan Kott

FRUTTA 32 – Politica, saggistica e dintorni:scazzi seri per gente ignara!

La Gisella del Guareschi “galvanizzava la massa” … senza mezze misure, senza i limiti imposti dalla comune dell’epoca, della nostra … quali limiti? E per chi?

Le limitazioni al femminile sono note, lo erano e ancora oggi resistono a muri abbattuti, a schemi frantumati … ci sono per una precisa ragione ben esplicitata proprio nel capitolo del Guareschi che ho riletto: la donna è famiglia nel senso peggiore del termine, viene condannata dalla società alla risoluzione d’un nucleo su cui fondare l’intero sistema societario.

La condizione anni cinquanta è lontana e il dinamismo familiare e i necessari adeguamenti hanno introdotto una mutevolezza nei ruoli, una elasticità contigua con ruoli intercambiabili in successione … il pregiudizio resta, spietato ed equivoco.

Adesso ascolto summertime di Ella e vedo dal mio occhio privato, la finestra della mia cucina, una donna che sembra in corsa; ha tralasciato il suo aspetto, sembra aver fermato la sua corsa in attimi senza disegni … sembra aver dimenticato di respirare e il suo fiato venduto, comprato, sbattuto come fosse roba da cestinare.

Del meraviglioso mondo disposto è rimasto un marito che da il minio – come nel libro di Guareschi – per costringere la Gisella in casa e poi donne che faticano in meccanismi che comunque non saranno mai propri … una ragione da dare per definizione o per scelta e di questa scelta poi divenire un solo cruccio.

E’ talmente limitante scrivere ciò da volermi disporre al cancellare il tutto … ma, ne io spettatrice ne la donna che ho di fronte, potremmo avere una rivalsa degli attimi posti per questa società, per la catena che formiamo, per la costruzione d’una identità fallita, giocata, derisa, insultata da chi la comanda.

Anche la costituzione è al femminile e tutte, noi tutte, affogate in un sistema senza equità.





sabato 9 aprile 2011

Neo - yttologia 51

Dove mi trovo? E’ un’ossessione quella di chiedermi tutto il tempo dove mi trovo. Non ho mai avuto il senso dell’orientamento, e poi la domanda aveva un senso altrove ma qui, chi potrebbe dirmi il nome di questo luogo devastato, questo luogo che non assomiglia a nessun altro posto, il luogo del nulla forse, in fondo al deserto, la fine della città …

Gli occhi che mi tradiscono. Vedo, non vedo. Quello che vedo non esiste più.

Tratto da Jenin, un campo palestinese di Tahar Ben Jelloun