Riecco il 1° Maggio del poco
lavoro con musica – anche locale – e sindacati deprezzati e stupide e noiose
idee di sinistra che assomigliano sempre più alla destra. Diciamocelo
chiaramente: oggi non sentiamo la società, la ragione e, chi lavora grazie a Dio
come me, avverte solo la vacanza e un pezzettino di sole e di mare che in un
‘isola non può certo mancare.
Certo, come si dice al mio paese “
… o mi mangio questa minestra o mi butto dalla …” ecco mi butto dai
frangiflutti per schiacciarmi nel mare perché, anche io che ho un lavoro, sento
profondamente la depressione del momento, lo sgomento di non poter cambiare sede di lavoro senza finire a vagare fra montagne varie e il dover subire soprusi
direzionali - e da colleghi - perché non c’è verso che si possa cambiare la
situazione. Ecco, l’impossibilità al poter cambiare svuota il cuore e i
sentimenti e si vive di passività e dolore e, ripeto, io ancora lavoro.
Il 1° maggio dei nostri limiti e
dei nostri fallimenti e quasi quasi viene voglia di buttarsi giù dalla rupe … o
tutto è così bello che si può barattare il nostro fallimento con la nostra
sopravvivenza? E’ così difficile scegliere se far girare ancora la ruota, è
così difficile capire se si è davvero saturi o bisogna lasciar passare il
gioco, e intanto mi preparo al tuffo: splash!
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