La verità è che non gli fanno mai la fotografia, a Pel di Carota” dice Jules Renard e ad essere odiati lui
c’aveva preso il vezzo, proprio come il suo personaggio.
Non c’è verso: come s’inizia si
finisce e, se la prima nemica della tua vita è insita in chi la vita te l’ha
data, non resta che il suicidio ma, anche quello, ad azione tentata fa nascere l’indifferenza
della cattiveria “materna” e porta a dichiarare che ciò è solo un atto
dimostrativo o che addirittura “… non è
stato nulla!”.
Fra il poco e il nulla passa il
veto materno, come fra il molto e l’eccelso incide sempre lo stesso passaggio
ma, quasi sempre, con i fratelli maggiori, quelli legittimati da uno pseudo-amore, e non certo quelli subìti e a cui si fa sentire
la vita come una azione contraria alla natura e non certo una opportunità.
Non ti fotografano se non sono
interessati a te, se la tua immagine è un disturbo e trovi poi i pochi tuoi
ricordi in cassetti polverosi di parenti vicini, magari perché ti trovavi li ma
solo di passaggio … i Pel di Carota
sono disgrazie nelle famiglie e fagotti di cui liberarsi in fretta.
Così scopri la tua immagine come persona dopo molti anni,
dopo molti marchi a fuoco e anche li c’è qualcosa che non torna, un conto che
viene difficile da saldare e come la Signora
Lepic spesso si chiama a raccolta tutti i parenti per far sentire le sue(solo
sue) ragioni, quasi sempre mistificate …
gli altri ascoltano e sottolineano: del resto se non c’è un soggetto ufficiale
che viene odiato, altri potrebbero trovarsi nel medesimo scomodo ruolo.
Questo è un guaio evitabile …
meglio Pel di carota!
Psicologici farebbero le pulci ad
un discorso simile e l’elaborazione dei significati superebbe le comprensioni
ma, talvolta, è più semplice vedere il
bianco in bianco e il nero in nero e,
da questo far nascere e risolvere le inumane frustrazioni dell’animo umano che
portano il sadismo genitoriale ad essere il pane d’un rispettoso rapporto
quotidiano e da cui possono scaturire atteggiamenti, fughe, atti estremi che Noi – i benpensanti – classifichiamo solo alla fine d’una azione, non
certo lungo il naturale percorso.
Scrivere è il romanzo di vite
spesso vissute; molti non riescono a descrivere il dolore perché lo tengono
tatuato sul cuore: è così difficile
guardare a monte? Forse a noi tutti conviene essere come Ernestina - la sorella - e Felice
– il fratello – e accarezzare la nostra sella d’argento lasciando nel fango chi
già c’è nato pur senza sua colpa.
Pel di Carota … più lo leggo e più lo capisco: e voi?
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